Sopravvissuto al Covid dopo sette mesi di ricovero in ospedale: "Ho voglia di normalità"
La vita di Paolo Baschierato, ex volontario della Croce rossa, è stata stravolta completamente dal virus.

Ingenuamente si pensa che basti un tampone negativo per avere concluso la propria battaglia contro il Covid-19, ma purtroppo, nei casi più gravi, non è così. Lo sa bene il 53enne Paolo Baschierato, volto noto a Lomazzo per il suo lungo volontariato nella Croce rossa cittadina, che dal virus ha subito due bruttissimi colpi: prima il ricovero di sette mesi in ospedale, di cui tre e mezzo in terapia intensiva, in cui ha lottato tra la vita e la morte, e poi, come se tutto questo non bastasse, la morte del suo caro papà Luigi a 84 anni, stroncato dallo stesso «maledetto» virus.
Sopravvissuto al Covid, "La mia vita è stata stravolta"
Procedendo con ordine, il 31 marzo del 2020 Paolo Baschierato è stato ricoverato all’ospedale Sant’Anna di Como con chiari sintomi da Covid, perdita di gusto e olfatto, febbre e sintomi influenzali, ma mai avrebbe immaginato che dall’ospedale sarebbe uscito solo dopo sette mesi, a ottobre. E tra l’altro con una vita completamente stravolta perché, come il diretto interessato spessa confessa a malincuore, «il Paolo di prima non esiste più». Tecnicamente si parla di «sindrome da post Covid», ossia la permanenza di effetti negativi che non se ne vanno una volta debellato il virus. «Dal termine del mio ricovero ospedaliero, a ottobre, fino a oggi purtroppo le conseguenze negative sono ancora ben evidenti. Faccio fatica a compiere anche il gesto più elementare. Mi sento quasi come un vecchio di 70 anni, pur avendone 53. La cicatrice fisica, ma anche morale, è molto profonda, perché non riesco più a vivere la vita di prima, pur essendo molto consapevole di essere fortunato a essere ancora in vita, a differenza di tante altre persone che hanno lottato invano contro il Covid», confessa, aggiungendo: «Prendo ben otto medicine al giorno e un integratore che mi aiuta ad affrontare con più energia la quotidianità. Dovrò sottopormi a breve a una tac al cervello per ulteriori approfondimenti e costantemente faccio fisioterapia. Qualche piccolo risultato è stato ottenuto, ma c’è ancora molta strada da percorrere per la normalità. Non so neanche se riuscirò a raggiungerla perché neanche i medici sanno darmi risposte certe».
Il Covid si è portato via anche suo padre
Ci sono poi le conseguenze psicologiche: «Nelle giornate uggiose mi sento malinconico, non voglio vedere nessuno e mi passa la voglia di fare tutto, anche cucinare. Per fortuna ci sono le mie figlie, mio fratello e la mia ex che mi consolano e che mi spronano ad andare avanti. La bella stagione con le giornate soleggiate mi trasmette energia positiva e mi dà forza». Come se tutto ciò non bastasse, la perdita del padre Luigi, stroncato dal Covid, ha creato una ferita insanabile: «Non lo vedevo da un anno e mezzo perché, essendo positivo al Covid, sono rimasto isolato dal mondo. Poco dopo la mia guarigione si è contagiato lui: era ospite di una casa di riposo ed è stato ricoverato a Tradate a seguito di un’ischemia. Poi è stato trasferito a Cittiglio, dove hanno scoperto la sua positività. Da quel momento alla morte sono passate solo due settimane. Sono riuscito a vederlo di presenza solo il giorno di Pasqua, imbragato come un astronauta. E’ stato un’emozione fortissima, anche se mi sono sentito morire dentro perché, attraverso i suoi occhi, ho rivissuto l’incubo da cui ero appena uscito. Ora mio papà non c’è più e mi manca moltissimo».
(La Settimana)
Davide Bellombra