Oggi il Covid, 100 anni fa la Spagnola "solo" 11 morti a Tradate
Fu infettato il 10% della popolazione cittadina: ecco come risposero i nostri (bis)nonni
Fu infettato il 10% della popolazione cittadina: ecco come risposero i nostri (bis)nonni
Cent’anni fa, la pandemia Spagnola: «solo» 11 morti a Tradate. Un incidenza bassa rispetto ad altre zone. Colpì la città nel 1918, ma in soli due mesi scomparve. A ricordare quel periodo è uno studioso di storia locale, ex presidente dell'associazione studi storici, Federico Colombo.
Oggi il Covid, 100 anni fa l'influenza Spagnola
Oggi il coronavirus, cent’anni fa l’influenza spagnola. A un secolo di distanza, l’Europa, l’Italia e Tradate si trovano di nuovo a far fronte a una grave epidemia. Ma come fu affrontata, e quanto colpì, la spagnola? I dati mondiali, in questi giorni, sono stati già ricordati da più parti: 500 milioni di infetti nel mondo, tra i 50 e i 100 milioni i morti, il 5% della popolazione mondiale. Una strage, figlia di numerosi fattori tra cui la Prima Guerra Mondiale che imperversava ma anche il tentativo da parte di tutte le istituzioni, visto il conflitto, di tenere nascosta l’epidemia in corso. Apparsa, pare, in Francia divenne infatti conosciuta come «spagnola» perchè gli iberici furono i primi, e gli unici, a darne notizia.
La pandemia da Spagnola colpì Tradate nel 1918, ma in due mesi scomparve
Arrivò anche a Tradate nell’autunno del 1918, e da qui scomparve 2 mesi dopo, a dicembre. Ce ne parla Federico Colombo, ex presidente dell’Associazione Studi Storici Tradatesi, al lavoro per un libro su quegli anni.
«L’8 ottobre venne inviato qui un medico, il dottor Enrico Lina – racconta – Nei primi giorni visita 73 persone registrando 73 casi, di cui uno, una bambina di due anni, morì. In totale a Tradate vi furono, alla fine dell’epidemia, 473 casi totali e 11 morti. Il 10% della popolazione tradatese di allora venne contagiato». Una mortalità bassa a differenza che altrove, dovuta da una parte alla presenza delle campagne che non faceva mancare cibo e dall’altra di quella dell’ospedale, che già prima dell’influenza aveva diffuso le corrette abitudini igieniche. Le più colpite furono le donne (il 53%), vista l’assenza di molti uomini impegnati al fronte, e a differenza del Covid-19 la popolazione più a rischio era quella dei giovani adulti proprio a causa del sistema immunitario più forte che, come dimostrano recenti ricerche, rispondeva in maniera eccessiva al virus.
Ma come reagì la popolazione cent’anni fa?
«Si era in guerra, quindi non c’era certo la vita e la voglia di socialità che abbiamo oggi ed erano già in atto alcune restrizioni come il coprifuoco. Era una società contadina, che produceva o trovava facilmente ciò ci cui aveva bisogno senza mettersi in coda nei supermercati che non esistevano – spiega Colombo – In più, non ci furono mai un’attenzione e una paura così forti come oggi. Gli inviti dalle istituzioni erano molto simili: attenzione massima all’igiene personale, anche se non c’erano alcol e disinfettanti come oggi, ma non si poteva certo pensare di fermare le fabbriche o rischiare di scatenare il panico. La gente non aveva comunque coscienza del pericolo. Nelle città vennero presi provvedimenti ulteriori, che oggi ci fanno sorridere: ad esempio a Milano ogni 5 fermate il tram doveva fermarsi e tutti scendevano per pulirlo; poi, poteva ripartire». A dicembre il virus scomparve, dopo aver superato il «picco» che oggi tutti aspettiamo con ansia.