Da Tradate al Locor Hospital dell'Uganda, l'esperienza di Barbieri
Dopo aver lavorato in diversi paesi africani da due anni l'ingegnere tradatese gestisce il dipartimento tecnico del secondo ospedale ugandese
L'ingegnere tradatese Jacopo Barbieri lavora in uno dei maggiori ospedali dell’Africa, il Lacor Hospital di Gulu in Uganda, che negli anni ha fatto fronte a guerre, ebola e adesso il Covid
Ingegnere tradatese in Uganda
Da due anni il tradatese Jacopo Barbieri si trova in Uganda, dove è stato chiamato a gestire il dipartimento tecnico del St Mary’s Hospital Lacor, il secondo ospedale d’Uganda, nonchè quello più grande di tutta l’Africa orientale tra quelli non governativi. Di formazione ingegneristica, con una laurea e un dottorato in Ingegneria Energetica conseguiti al Politecnico di Milano, Barbieri ha alle spalle una lunga esperienza sul territorio africano: «Durante gli anni del dottorato ho lavorato con Ong di Milano che si occupava di installazione di sistemi energetici (principalmente a energia solare) in insediamenti informali, come i campi profughi e scuole». Un lavoro che lo ha portato in Egitto, Kenia, Tanzania, Etiopia, Mozambico, Angola, Rwanda. «Ho concluso il dottorato all’inizio del 2019 e a maggio dello stesso anno ho iniziato questo lavoro in Uganda».
Gestisce il dipartimento tecnico del Locor Hospital
Il Lacor Hospital conta oltre 500 posti letto e riesce ad effettuare circa 250mila prestazioni l’anno. Il compound centrale comprende, oltre agli edifici ospedalieri veri e propri, anche un distaccamento destinato all’università di medicina e alla scuola di infermieristica e una parte residenziale; a questo si aggiungono altri tre poli ambulatoriali (distribuiti sul territorio a circa 70/80 km dall’ospedale centrale) che forniscono assistenza medica e prestazioni cliniche di base, oltre a funzionare come punto nascite. Funziona, dunque, come una piccola città autonoma attorno a cui ruotano giornalmente quasi tremila persone, tra personale medico, staff e pazienti, con tutte le relative necessità: «Il mio staff è composto da 75 persone e si occupa della manutenzione e riparazione della maggior parte dei macchinari dell’ospedale, ma anche degli edifici, del funzionamento della rete idrica e di quella fognaria, della parte energetica, della logistica, degli approvvigionamenti, dello smaltimento dei rifiuti. Lo staff dell’ospedale si compone di circa 700 persone (tra medici, personale tecnico e amministrativo), ma all’interno del polo del Lacor Hospital gravitano anche visitatori, insegnanti e studenti dell’università e della scuola di infermieristica, dunque il nostro dipartimento non si occupa solo delle esigenze del comparto puramente ospedaliero ma anche di quello civile, con una falegnameria, una carpenteria metallica, un’officina meccanica, un team di imbianchini».
L'esperienza col Covid
Un lavoro impegnativo, complicato nell’ultimo anno e mezzo dall’arrivo del Covid. «All’inizio, un po’ come in Europa, mancava tutto ed era difficile capire come muoversi. La prima sfida è stata quella di effettuare nel minor tempo possibile i lavori per isolare i percorsi di accesso e i locali dedicati al trattamento di questa malattia. L’Uganda ha vissuto finora due ondate, ma tutto sommato non molto aggressive. Poche settimane fa ci siamo trovati nel pieno della terza ondata, caratterizzata dalla variante Delta, più pesante rispetto alle precedenti. Negli ultimi giorni i numeri delle persone ricoverate stanno diminuendo, ma l’attenzione rimane ancora alta».
Martina Cavallaro
La Settimana 6 agosto 2021