Storie sotto l'ombrellone

«Restituisco il bene che ho ricevuto»: a Sekou Sylla il premio Sole d’Oro

Il giovane migrante era stato tra i primi ad essere accolto nel centro Cri della Melzi e oggi vi ritorna come volontario.

«Restituisco il bene che ho ricevuto»: a Sekou Sylla il premio Sole d’Oro
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«Dopo aver ricevuto tanto, per me è un dovere restituire alla società l’aiuto che mi ha dato».

Una bella storia di solidarietà e integrazione pubblicata da La Settimana lo scorso dicembre che oggi vogliamo riproporre ai lettori di Prima Saronno. Buona lettura.

"Restituisco il bene che ho ricevuto", la storia di Sylla Sekou Abdulkader

Un atteggiamento lodevole, che è valso a Sylla Sekou Abdulkader l’assegnazione del Sole d’Oro della CSV Lombardia. La cerimonia si è svolta in streaming sabato scorso, 5 dicembre, durante la giornata mondiale del Volontariato. Quest’anno sono stati premiati in tutto 16 volontari, tra cui 4 giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Tra questi c’è anche Sylla, tra i primi ad arrivare nel centro migranti della Melzi nel 2015. «È stato un vero onore ricevere questo premio», spiega il giovane in un eccellente italiano. «Ciò che sono ora lo devo alle persone straordinarie che ho conosciuto e che mi hanno aiutato in questi anni. Ho ricevuto tanto dalle comunità di Tradate e Venegono e adesso desidero fare la mia parte, mettendo il mio tempo a disposizione degli altri».
«Sono partito dal Senegal che non avevo ancora compiuto 17 anni. È stato un viaggio davvero molto difficile. Assieme a me sono partiti altri quattro ragazzi, ma siamo riusciti a raggiungere l’Italia soltanto in due. Il mio migliore amico, purtroppo, non è stato fortunato come me», racconta il giovane, ormai ventiduenne, ripercorrendo gli ultimi cinque anni della sua vita. «Sono arrivato in Italia nel 2015. Prima a Venegono Inferiore, poi nel centro Cri allestito all’interno dell’istituto Melzi. Ho iniziato a imparare la lingua e a fare amicizia con i volontari. Non appena il mio italiano è diventato apprezzabile, ho iniziato a collaborare con la Croce Rossa come interprete, ma allo stesso tempo mi sono messo a disposizione per dare una mano a mia volta: per me aiutare gli altri è un dovere morale, ma è anche qualcosa che ti insegna molto», prosegue il giovane. «È stato mio padre a insegnarmi l’importanza di aiutare il prossimo. La nostra casa, in Senegal, si trovava a pochi passi da una stazione degli autobus. Ogni tanto capitava che la sera non ci fossero più mezzi, e spesso mio padre dava ospitalità per la notte ai malcapitati si trovavano a passare la notte all’aperto».
«Sono stato fortunato: in Italia ho incontrato persone meravigliose, che mi hanno aiutato nella difficoltà. Innanzi tutto la Croce Rossa, i tanti volontari, la famiglia di Raffaele Bottacin e Chiara Compagnoni, che mi ha ospitato dopo aver concluso il mio soggiorno nel centro Melzi e che ancora è un punto di riferimento per me; così come Mario Grassi, il responsabile del centro migranti di Tradate, e le suore canossiane». Da loro è tornato durante l’emergenza Covid, non più da ospite, ma come prezioso aiutante durante la terribile prima ondata di contagi. Adesso Sylla sta costruendo, mattoncino dopo mattoncino, la sua nuova vita, affrontando con positività, coraggio e forza di volontà gli ostacoli che gli si presentano lungo la strada: «Circa un anno fa sono stato coinvolto in un brutto incidente in macchina e sono stato costretto a rimanere fermo per un po’, così mi sono iscritto ad un corso per diventare saldatore e ho iniziato a lavorare come tirocinante in una ditta della zona. Sono felice. Nel frattempo mi sono rimesso a studiare per diventare soccorritore». Anche se con il lavoro il tempo libero si è notevolmente ridotto, il giovane continua infatti a fare il volontario in Croce Rossa, dove ha trovato anche l’amore. «Ogni tanto capita di ricevere occhiatacce quando io e la mia fidanzata passeggiamo per strada, ma lascio correre. Sono consapevole che il percorso verso l’integrazione non è facile, ma so che è possibile ed anche che è fondamentale per creare una società migliore e costruire un futuro più bello per tutti».
«La storia di questo ragazzo è la dimostrazione che le buone politiche fatte per incentivare l’integrazione portano frutto», commenta l’ex sindaco Laura Cavalotti. «È una gioia sapere che dopo tante tragedie la vita di questo ragazzo va avanti, e come la sua anche quella di tanti altri ragazzi ospitati nella nostra città».

Martina Cavallaro,  pubblicato da La Settimana 11 dicembre 2020

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