Maxi operazione contro lo spaccio: 12 arresti e 125kg sequestrati
Gli indagati, 11 di nazionalità marocchina e un italiano, sono gravemente indiziati di ripetute violazioni del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti
Questa mattina la Polizia di Stato di Busto Arsizio ha eseguito un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal GIP di Busto Arsizio nei confronti di 12 indagati: per undici di loro è stata disposta la custodia cautelare in carcere, il dodicesimo dovrà presentarsi quotidianamente alla Polizia Giudiziaria.
Dodici indagati gravemente indiziati
Gli indagati, 11 di nazionalità marocchina e un italiano, domiciliati tra basso varesotto e alto milanese, sono gravemente indiziati di ripetute violazioni del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti. Complessivamente nel corso dell’attività sono stati sequestrati 150kg di Hashish e 130g di cocaina e vengono contestati agli imputati cessioni di droga per complessivi 275kg di Hashish e 13kg di Cocaina.
Le indagini, svolte dal Commissariato della Polizia di Stato coordinato dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, sono iniziate nel 2020 prendendo le mosse da un semplice controllo su strada di un’autovettura, condotta da quello che si era rivelato un consumatore di cocaina. Ne derivava una complessa e tenace attività che, nel corso del tempo, ha fatto individuare due gruppi di trafficanti e spacciatori di droga i quali, pur operando autonomamente, gestivano anche “affari” in comune.
Due gruppi che collaboravano
Il primo gruppo, attivo a Busto Arsizio e dintorni, aveva al suo vertice due fratelli marocchini che, con la collaborazione di loro connazionali in veste di autisti e corrieri incaricati di consegnare la cocaina e incassarne il prezzo, erano in grado di rifornire quotidianamente decine e decine di clienti, tanto che uno di loro ne calcolava addirittura “476”. Le consegne avvenivano, previo ordine telefonico, con rapidi incontri e scambi droga/soldi tra pusher e cliente di turno nelle vie cittadine. L’organizzazione, verticistica, era “imprenditoriale”: i “cavalli” venivano assunti con precise “regole di ingaggio” che contemplavano entità dei compensi, compresi “vitto e alloggio”, condizioni e orari di “lavoro”, assistenza legale e “trattamento di fine rapporto” in caso di arresto, fornitura di “auto aziendale” ed erogazione di “finanziamenti” per l’acquisto di beni in Marocco. Gli spacciatori erano sempre guardinghi, ossessionati dall’idea di essere osservati dalla Polizia, perciò cambiavano frequentemente autovetture, utilizzandone di intestate a terzi o noleggiate, effettuavano “bonifiche” alla ricerca di microspie, transitavano davanti al Commissariato per fotografare e memorizzare le auto che credevano utilizzate dagli agenti, invitavano costantemente i complici a guidare piano per non farsi notare, salvo poi dover fuggire o addirittura investire le auto della Polizia se inseguiti.
Il trait d’union tra il primo e il secondo gruppo è stato il passaggio di mano, a Olgiate Olona, di 15 kg. di hashish. Da quella transazione gli investigatori sono risaliti a un altro nucleo di trafficanti, stanziato per lo più nell’alto milanese, che, oltre a trattare cocaina, appariva in grado di importare e smerciare quantitativi importanti di “fumo”, tanto che viene loro contestato il trasporto di 120 chilogrammi di hashish e l’importazione dalla Spagna di altri 150.
I sequestri della Polizia Stradale
La prima partita di droga veniva sequestrata dalla Polizia Stradale che lo scorso mese di settembre, in tangenziale a Milano, fermava l’autovettura presa a nolo e condotta da un italiano. Le indagini in corso permettevano agli inquirenti di Busto Arsizio di stabilire che l’italiano era un “corriere” che stava trasportando la droga su commissione dei trafficanti marocchini sotto osservazione.
Il secondo carico veniva intercettato e sequestrato pochi giorni dopo lungo l’autostrada A26, dopo un inseguimento da parte delle pattuglie del Commissariato di Busto Arsizio e della Polizia Stradale iniziato ad Arenzano (GE) e concluso a Ovada (AL) dove i trafficanti, provenienti dalla Spagna ed entrati in Italia dalla Francia attraverso il valico di Ventimiglia, abbandonavano l’auto con la droga fuggendo chi a piedi e chi a bordo di altre due vetture di grossa cilindrata utilizzate come scorta e staffetta. Per la pericolosità delle manovre messe in atto dai trafficanti per sottrarsi alla cattura con accelerazioni di oltre 200 Km/h, tentativi di speronare le auto di servizio o rallentarne la marcia con improvvise frenate, a uno di loro viene anche contestata la resistenza a pubblico ufficiale.
Anche questo gruppo di malviventi curava minuziosamente l’organizzazione e l’esecuzione dei traffici, assoldando corrieri italiani, pagandone i difensori e contribuendo al mantenimento delle loro famiglie se arrestati, fornendo autovetture a nolo o intestate fittiziamente come pure cellulari “dedicati”, monitorando le auto guidate dai corrieri stessi mediante GPS per avere sempre contezza della loro posizione.